IL GIUDICE ISTRUTTORE A scioglimento riserva, ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di separazione personale vertente tra Antonietta Rufo e Pietro e Leucio Remo Quercia. Nel corso di una udienza istruttoria, la ricorrente Rufo, deducendo che il marito le aveva corrisposto, dall'ottobre del 1991, solo una parte della somma (L. 1.000.000) posta a suo carico con ordinanza del presidente del tribunale, a titolo di mantenimento di lei e dei figli, chiedeva al giudice istruttore di ordinare, ai sensi dell'art. 156, sesto comma, del codice civile, al Ministero del tesoro e, per esso, alla direzione provinciale del tesoro di Benevento, quale ente erogatore dello stipendio al Quercia, collaboratore amministrativo presso la scuola elementare di Telese, di versarle direttamente la suddetta somma. La norma contemplata dall'art. 156, sesto comma, ai fini dell'applicazione del provvedimento suddetto richiede, quale presupposto, che sia stata pronunciata la sentenza di separazione, con la relativa statuizione riguardante l'obbligo di mantenimento gravante su uno dei coniugi; essa presuppone, altresi', l'accertamento della inadempienza del coniuge obbligato. La questione di legittimita' costituzionale della suddetta norma appare rilevante ai fini della decisione spettante a questo giudice, in quanto la stessa norma e' di applicazione indispensabile per giudicare sul processo in concreto, limitatamente all'emanazione della richiesta ordinanza. In proposito, a parere di questo giudice non puo' essere condiviso l'orientamento espresso da parte della giurisprudenza di merito che ha ritenuto possibile, per il giudice istruttore, ordinare ai terzi il versamento diretto della quota di reddito, sulla base del potere attribuitogli dall'art. 708 del c.p.c., quarto comma, in ordine alla modifica dei provvedimenti temporanei ed urgenti emessi dal presidente del tribunale (tribunale di Roma 15 ottobre 1975; tribunale di Bari 15 dicembre 1977). Infatti, la possibilita' di adottare un siffatto provvedimento e' espressamente prevista dall'art. 156, che si configura quale norma specifica relativa, come detto, ai casi in cui sia stata pronunciata la separazione, e, dunque, avente un ambito applicativo ben diverso dall'art. 708, che si riferisce ai provvedimenti da adottare in corso di causa. A parere di questo giudice, la norma di cui al sesto comma dell'art. 156 del codice civile e' in contrasto con gli artt. 3 e 30 della Costituzione. Essa appare confligente con il principio di eguaglianza, nella parte in cui non prevede che il giudice (rectius giudice istruttore) possa ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all'obbligato, di versare una parte di esse direttamente agli aventi diritto, anche nel corso del giudizio, prima che sia emessa la sentenza di separazione. Il procedimento previsto dalla citata norma appresta un rimedio di particolar utilita' per il coniuge avente diritto al mantenimento, in quanto gli consente, verosimilmente, di vedere soddisfatte le sue pretese in tempi brevi, senza dover attendere il corso di una procedura esecutiva nei riguardi dell'obbligato. Lo stesso procedimento si presenta, inoltre, particolarmente opportuno, poiche' dalla tempestivita' dell'adempimento dell'obbligo di mantenimento dipende la migliore e pronta osservanza dei doveri che incombono sui genitori, in ordine alla cura, educazione, istruzione dei figli, specie se minori, in quanto, altrimenti, nell'attesa (non breve, come insegna la prassi) della definizione del processo esecutivo potrebbero mancare allo stesso coniuge avente diritto le somme, o parte di esse, necessarie per provvedere circa i suddetti doveri. Ora, la mancata previsione di un tale procedimento anche in relazione ai giudizi di separazione in corso di istruttoria configura una ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni sostanziali identiche, sotto il profilo della ratio dell'istituto e dei beni giuridici tutelati. Infatti, l'esigenza di assicurare un pronto e tempestivo adempimento dell'obbligo di mantenimento, finalizzato alla salvaguardia dei predetti valori costituzionali, sussiste anche prima che venga pronunciata la separazione, se si considera anche il rilievo per cui l'ordinanza presidenziale relativa alla determinazione di un assegno di mantenimento, emessa ex art. 708 del c.p.c., conserva la sua efficacia anche dopo l'eventuale estinzione del processo, finche' non si sostituisce con altro provvedimento. In quest'ultimo caso, sussistendo l'inadempienza del coniuge obbligato, l'avente diritto, per ottenere le somme spettantegli, sarebbe costretto a promuovere il processo esecutivo, senza poter fruire del procedimento ex art. 156 che, invece, e' attivabile, expressis verbis, solo nel periodo successivo alla sentenza di separazione. Inoltre, l'attendere, comunque, che si definisca il processo ordinario potrebbe rendere impossibile o difficile, per la notoria lungaggine dei giudizi, l'osservanza dei doveri nei confronti della prole, per cui l'art. 156, sesto comma, del c.c. appare in contrasto anche con l'art. 30 della Carta costituzionale. Occorre, infine, dedicare qualche breve cenno alla problematica della legittimazione del giudice istruttore civile in ordine alla presente ordinanza. A sommesso parere di questo giudice, il giudice istruttore dispone di poteri effettivamente decisori nella causa in corso, atteso che esso puo', a norma dell'art. 708, quarto comma, del c.p.c., modificare l'ordinanza presidenziale, relativamente a statuizioni essenziali riguardanti gli obblighi scaturenti dal matrimonio, che, come detto, puo' dispiegare la propria efficacia sine die nel caso d'estinzione del giudizio. Inoltre, appare alquanto improbabile che il collegio possa sollevare una siffatta questione di legittimita' costituzionale, in quanto, potendo esso adottare il provvedimento di cui all'art. 156 del c.c., non emergerebbe il requisito della rilevanza, non sussistendo, cioe', in tal caso, il nesso tra la censura di costituzionalita' e la decisione da pronunciare.